
Esclusiva RS, Petrachi: “Gasp vicinissimo alla Roma 5 anni fa. Pellegrini? Spero resti, è l’anima della Roma. Rimpianto? Non esser volato a Boston da Pallotta”
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L’ex direttore sportivo della Roma, Gianluca Petrachi, è intervenuto in esclusiva ai microfoni di Retesport, tra aneddoti del passato legati alla sua esperienza in giallorosso e tematiche del presente, come l’ottimo rendimento della Roma di Gasperini ma non solo.
Direttore come sta? E’ pronto a rientrare?
“La voglia e la passione è smisurata, grande, il calcio è quasi una religione per me.
Come è cambiato il mercato negli ultimi 10 anni e lo scouting?
“Tanto, tantissimo, sono arrivate le proprietà straniere, hanno imposto una metodologia di lavoro nuova, legata molto ai numeri, agli algoritmi. Tutte le innovazioni, i dati, gli elementi in più sono positivi ma io resto ancorato al modo di fare calcio nostrano, italiano, alla qualità del lavoro, dello sguardo che si ha sui calciatori. Stanno imponendo dei profondi cambiamenti a chi ha insegnato calcio, cioè agli italiani. Questo forse è l’aspetto più brutto, vogliono spiegarci come si fa calcio. E’ giusto ripeto avvalersi delle tecnologie, ma rimango dell’idea che la sensazione di scegliersi un calciatore deve essere figlia del sentimento che trasferisce al direttore sportivo quel calciatore. La responsabilità deve essere sempre figlia delle sensazioni che hai, in virtù della squadra in cui inserisci quel calciatore e in base all’allenatore che hai scelto e supporti. Se un ds compra un quinto di destra non è un terzino o un quarto, anche se è un grande giocatore, questa scelta può creare un problema”.
Quanto è importante il binomio e il rapporto tra ds e allenatore?
“Parlando della mia esperienza, ho sempre avuto un confronto e un contatto diretto con gli allenatori, deve essere così, in accordo con la proprietà, il ds sceglie un allenatore e così è possibile creare una sinergia. Io guardo dei calciatori, una volta terminata la scrematura dei miei scout, poi propongo un calciatore all’allenatore e lì deve esserci una condivisione. Se tu segui un calciatore totalmente distante per caratteristiche ai profili che servono all’allenatore già hai sbagliato in partenza. Io ho sempre condiviso il mio lavoro con i tecnici con cui ho collaborato. Ai tempi del Torino ad esempio, scelsi di acquistare Bremer, che era giovanissimo e Mazzarri non era convintissimo, lo vedeva ancora acerbo e sicuramente forse lo era, ma a noi non serviva un titolare inamovibile di partenza, ma preparammo in un anno la sostituzione di Nkoulou, io mi sono imposto lì, lo pagammo 5 milioni e Cairo si fidò di me. Mazzarri ci lavorò e questa fu però un’eccezione, tante altre volte gli allenatori non erano convinti di alcune scelte e si seguivano altri calciatori. Le distanze con i tecnici non pagano mai, si rischia di creare situazioni ambigue”.
Gasperini è stato realmente alla Roma cinque anni fa? Lo aveva praticamente preso? Come andò?
“Sì, con Gian Piero ci incontrammo, parlammo a lungo, parlammo di calciatori e visione calcistica o filosofia, ci trovammo d’accordo su tutto. Era un momento in cui il mister poteva lasciare Bergamo dopo diversi anni, era fortemente motivato e intrigato dall’opzione Roma, ma mi disse che doveva prima confrontarsi con la proprietà dell’Atalanta. Aveva e ha avuto sempre un rapporto molto forte con Antonio Percassi, tant’è che poi l’Atalanta riuscì a convincerlo a restare. Fu un peccato, perchè alla luce dei risultati straordinari prodotti anche successivamente, sarebbe stato l’uomo perfetto in quel momento per la Roma. Non sono meravigliato oggi del suo rendimento nella capitale, Gasp è un top manager”.
Da Mancini a Spinazzola, da Veretout a Mkhitaryan e Smalling. Quella campagna acquisti è stata la base della Roma per diversi anni. Ha un rimpianto per il suo percorso romanista e qualcosa di cui va fiero?
“Sicuramente vado fiero del rendimento di quella Roma, del 19-20, quella che ha fatto più punti – 70 – in campionato. Nessuno è riuscito a far meglio di quella Roma lì ricostruita nell’estate del 2019 dopo un anno terribile. Sono stati spesi tanti soldi negli ultimi anni, 50 per Abraham, 20 Shomurodov e tanti altri, ma quella Roma ha fatto più punti. Il rimpianto che forse, se si fosse proseguito il percorso insieme, chissà cosa sarebbe accaduto. Il rimpianto vero è non aver preso un aereo per Boston e andare a chiarire di persona con Pallotta, alcune incomprensioni sorte a distanze tenendo conto che non parlavo direttamente col presidente, ma attraverso Fienga. Il mio inglese purtroppo è pessimo, lui non parlava italiano, questa distanza linguistica mi ha frenato, sicuramente ci saremmo chiariti. Io sono un istintivo, dico quello che penso, sono fatto così e ho questo carattere. E’ un peccato, fa parte della vita. Seguo sempre con affetto la Roma, sento ancora tanti ragazzi eccezionali che sono alla Roma, Mancini, Cristante, Pellegrini ragazzi che hanno vinto la Conference League, che hanno costituito il blocco forte di Mourinho”.
Cosa le piace della Roma attuale?
“E’ la squadra che gioca più in verticale di tutto il campionato, c’è un interscambio di ruoli su cui Gasp sta facendo vedere cose incredibili. Vedere Mancini fare assist e sovrapposizioni, giocatori che passano dalla difesa all’attacco e viceversa, tutti con l’obiettivo di far male all’avversario. Un lavoro straordinario. Certamente quello che manca, è evidente, è un attaccante di livello giusto, con il rispetto dovuto a Ferguson e Dovbyk. Con una punta la Roma ha buone chance di rimanere lì nelle zone alte, perchè fisicamente Gasp ti fa stare al top, non guarda in faccia a nessuno, non fa favoritismi, questo è fondamentale. Ha portato dentro Trigoria una cultura del lavoro incredibile. Per questo avevo scelto lui cinque anni fa, perchè avevo bisogno di una persona forte caratterialmente, che imponesse la sua metodologia di lavoro, che non fosse bellina, simpatica ma dura il giusto. Per qualcuno è antipatico, ma nel calcio meglio essere vincenti e antipatici piuttosto che perdenti e simpatici. Sui giocatori, posso dire che ad esempio Bailey lo avevamo trattato anni fa ai tempi del Leverkusen, ma ci chiesero 25 milioni e non fu possibile chiudere quella operazione, poi abbiamo preso Mkhitaryan a zero, direi una grande operazione”.
Ha un rimpianto di mercato ai tempi della Roma?
“Mah più che un un giocatore nello specifico, ci tengo a sottolineare che riuscii tra mille difficoltà a rifondare la squadra praticamente a costo zero. Vendemmo gente in quel momento inutile tipo Nzoni, Olsen, Schick, etc incassando oltre 80 milioni e investimmo su ragazzi forti, giovani e in grado di far bene come hanno fatto per anni. La società voleva abbassare il monte ingaggi e rifondare, penso di aver iniziato un lavoro che andava in questa direzione”.
Conosce bene Pellegrini e ha detto di esser rimasto in contatto con lui. Pensa che la sua esperienza romanista proseguirà?
“Me lo auguro, Lorenzo è un ragazzo per bene, strepitoso umanamente, un romanista vero e ha qualità importanti. E’ un centrocampista moderno, tiene tantissimo alla maglia, essere profeti in patria è difficilissimo, ha personalità, lo ha dimostrato anche nell’ultimo derby, stava vivendo forse il momento più brutto della sua carriera e ha dimostrato ancora una volta quanto sia legato a questa maglia. Sono convinto che con la benzina che Gasp gli darà nelle gambe, possa fare un salto di qualità ulteriore. Io lo so perchè l’ho vissuto, dentro la Roma ha un peso importante, con i ragazzi nuovi, ha sempre fatto capire a tutti cosa sia la maglia giallorossa, merita questa possibilità di proseguire ancora con la Roma”



