L’educazione Sinneriana

L’educazione Sinneriana

Editoriale

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di Gianluigi d’Orsi

Jannik Sinner ha perso l’ultima partita dopo aver vissuto – probabilmente – la settimana più esaltante della sua giovanissima carriera da predestinato.

In finale ha ritrovato un Novak Djokovic molto diverso da quello incontrato martedì, quello che gli ha regalato la notte più bella da quando l’altoatesino ha preso in mano una racchetta da tennis. Pochi giorni fa il numero uno del mondo aveva combattuto, sofferto, litigato col pubblico, ma anche lasciato spazi inconsueti al giovane avversario, permettendogli con l’andare dei giochi di riempirsi gli occhi di illusione prima, di sicurezza e gioia poi.

Ieri Sinner sapeva benissimo che non sarebbe stata la stessa cosa, come lo sapeva Djokovic. Il vecchio leone è sceso in campo con la ferita di martedì ancora sanguinante e la ferocia di chi vuole essere ancora il re: non c’è stato spazio di replica da parte dell’avversario, Novak ha soffocato ogni tentativo di offesa raddoppiando la forza dei colpi, dei servizi, delle grida ad ogni punto conquistato. La contesa si è conclusa addirittura prima del previsto, in maniera quasi deludente per alcuni, ma al microfono si è presentato un Sinner sorridente, consapevole, sereno, cresciuto, monumentale in quello che stava rappresentando con parole apparentemente semplici.

In settimana, prima della partita con Rune, qualcuno aveva ritirato fuori un termine purtroppo ricorrente per chi segue il calcio: il famoso “biscotto”, . quello che a torto o ragione abbiamo imparato a conoscere diverse volte tra campionato, coppe e nazionali.

Se Sinner avesse perso contro il danese avrebbe escluso Djokovic dalla finale, e più di qualcuno ha pensato, meglio insinuato, che il nostro ci avrebbe potuto pensare. Personalmente non ho mai avuto un dubbio al mondo che Jannik non avrebbe ragionato con la mentalità piccola di chi vive di retropensieri e trasferisce la meschinità del calcio odierno sui protagonisti di ogni altro sport.

Dietro il suo sguardo ancora fanciullesco e le parole quasi imbarazzate dei fine partita il ragazzo di San Candido sta maturando la propria grandezza, sportiva e personale: nemmeno il dolore alla schiena (che sarebbe stato un’ottima scusa) gli ha impedito di giocare contro Rune nell’unico modo che conosce, per vincere e crescere. Sinner ha dato una lezione al danese, a chi insinuava cose assurde, forse addirittura a Djokovic; il serbo ha detto che non avrebbe guardato la partita per stare con la famiglia, in realtà lo ha fatto eccome. Non solo: il numero uno del mondo sapeva benissimo che l’avversario di martedì non avrebbe tradito il vero senso dello sport e si sarebbe presentato, vittima sacrificale consapevole, all’ultimo atto. Una lezione per tutti i tuffatori della domenica, i rotolatori seriali che sbirciano tra le dita e poi ricominciano a rotolarsi, gli spingitori di arbitri ingellati, i moribondi che risorgono miracolosamente dopo un rigore concesso, i campioni che si definiscono tali e non conoscono un gesto degno di essere chiamato sportivo da quando hanno cominciato a sentirsi qualcuno. Bravo Jannik, il futuro è tuo.