FOCUS RS – Arabia Saudita, l’invasione nel calcio con vista sul Mondiale 2034

FOCUS RS – Arabia Saudita, l’invasione nel calcio con vista sul Mondiale 2034

Retesport 104.2 FM

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(di Francesco Oddo Casano) – Aggredire il calcio europeo per motivi sportivi, finanziari e non solo.

Il calcio si sa, da sempre rappresenta anche un volano d’immagine, per raggiungere obiettivi più alti rispetto alla mera soddisfazione legata alla vittoria dei trofei. E’ stato così nel nostro paese, fino alle soglie del nuovo millennio, quando investire sul calcio significava poi aprirsi porte per mondi imprenditoriali o geopolitici fin lì inesplorati. E’ avvenuto per la Cina un decennio fa, prima ancora per gli USA ma senza enormi successi, ma negli States è ancora troppo forte il richiamo culturale verso sport come Basket Baseball e Football americano, infine per il Qatar che è riuscito addirittura ad organizzare il primo Mondiale d’inverno, con l’entratura europea dell’acquisto del PSG nel 2012 e ora del Manchester United in Premier. Il ruolo di ‘aggressore’ del calcio internazionale, adesso spetta all’Arabia Saudita.

In pochi mesi, un volume di affari da oltre 600 milioni, destinato rapidamente a salire. Il primo in ordine di tempo, di una certa rilevanza mondiale, è stato Cristiano Ronaldo, che ha lasciato lo United a margine dell’ultimo Mondiale per trasferirsi nella Saudi League. 200 milioni di euro e la promessa di essere testimonial per il paese arabo in vista della candidatura ai Mondiali del 2030. Non stupiscono dunque le dichiarazioni recenti del fenomeno portoghese che ha ovviamente incensato il valore della Saudi League, sostenendo che di fatto in Europa il calcio sta morendo, salvo la Premier.

In realtà appare molto complicato per la famiglia Saudita riuscire ad organizzare in quella data la massima manifestazione iridata. L’obiettivo sembra essersi spostato al 2034, quando nel frattempo la Saudi League sarà diventato un campionato probabilmente di grande riflesso internazionale, incentivato anche dai possibili successi di club come l’Al Nassr, l’Al-Alhy etc nella nuova versione del Mondiale per Club, a 32 squadre voluto fortemente dalla FIFA.

Dopo CR7 è stato il turno di Benzema, Kante, Gerrard nel ruolo di tecnico ovviamente, ma anche Nuno Espirito Santo, poi Koulibaly, Mendy, Mahrez, Milinkovic Savic, Ruben Neves, Brozovic e il numero aumenterà in maniera esponenziale, visto che altre decine di calciatori stanno ricevendo assegni sostanzialmente in bianco, o quasi, per giocare nel nuovo eldorado arabo. L’agevolazione nasce anche dalla defiscalizzazione: secondo la normativa locale infatti, basta risultare residenti per 183 giorni in Arabia Saudita per non pagare le tasse. In pratica, dopo sei mesi, i calciatori sono esentati dall’obbligo. Ma cosa si cela dietro questa invasione dei petroldollari nel nostro calcio?

Ce lo spiega Marco Bellinazzo, giornalista del Sole24Ore, che recentemente nel suo nuovo libro – Le nuove guerre del calcio – aveva largamente anticipato il ruolo dell’Arabia Saudita nel contesto del calcio internazionale

Il fondo PIF è il Fondo per gli investimenti pubblici dell’Arabia Saudita, un fondo sovrano che dall’inizio degli anni ’70 ha prelevato la maggior parte dei risparmi del Paese dalla vendita di petrolio. Il suo valore è stimato intorno ai 600 miliardi di dollari (circa 550 miliardi di euro). Nei mesi scorsi ha acquistato il Newcastle in Inghilterra. Il governatore del Fondo, Yasir Al-Rumayyan, è diventato presidente non esecutivo del club.

Il PIF sta investendo in città industriali di nuova creazione che stanno sorgendo in tutta l’Arabia Saudita, strategia inserita all’interno di “Saudi Vision 2030” ovvero un gigantesco progetto per diversificare l’economia del Paese nei prossimi dieci anni e sviluppare infrastrutture, sanità, turismo e istruzione. Si tratta di un piano di Bin Salman per “alleggerire” la dipendenza economica del Paese dal petrolio. Di particolare rilevanza il progetto Qiddiyah City, che punta a diventare la più grande destinazione turistica mondiale con un investimento da 1 miliardo di dollari. Ma come si posiziona il fondo nello sport? Ha avanzato candidature per la Coppa d’Asia di calcio e i Mondiali del 2030 e ospiterà i Giochi asiatici invernali del 2029. Non è tutto: a Gedda si corre il GP di Formula 1 dell’Arabia Saudita e sono stati organizzati eventi di golf e boxe. Anche l’Italia è legata allo sport in Arabia Saudita: tre delle ultime cinque edizioni della Supercoppa (come accaduto per quella spagnola) si sono giocate nel Paese che, inoltre, ne ospiterà quattro delle prossime sei (2024, 2025, 2028 e 2029). E nel proprio Paese il fondo sovrano controlla la Saudi Pro League, distribuendo a cascata sui principali club centinaia di milioni utili per fare mercato.

Classe 1985, Mohammad bin Salman Al Sa’ud è un membro della famiglia reale Al Sa’Ud, figlio dell’attuale re saudita Salman e principe ereditario nonché vice-primo ministro della difesa dell’Arabia Saudita. Se la Premier non ha registrato alcuna connessione tra il PIF e la famiglia reale, si ritiene che il fondo sovrano resti legato alla figura di Bin Salman. Ricorderete in passato il suo interesse per rilevare il Manchester United, corteggiamento che non andò a buon fine a differenza dell’operazione Newcastle. Insomma, come gli Emirati Arabi (Manchester City) e il Qatar (Psg), anche l’Arabia Saudita si è inserita nel palcoscenico europeo tra i club più potenti. Non sono mancate le perplessità legate al principe ereditario e al Paese, alimentate dall’opinione internazionale sulle violazioni dei diritti umani (Amnesty e altre ONG da tempo sono schierate contro lo Stato) e sull’assassinio del giornalista Jamal Khashoggi per il quale proprio Bin Salman è ritenuto il mandante dagli Usa.

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