Roma-Liverpool. 34 years Ago, io non c’ero

Roma-Liverpool. 34 years Ago, io non c’ero

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34 years Ago, io non c'ero.

Dal 13 aprile, giorno del sorteggio che ha sancito Roma-Liverpool come semifinale di Champions League, è un continuo.

Sempre, ovunque: per strada, al mercato, al bar, a casa persino. Sui social, ovviamente.

"Io c'ero" riferito a Roma Liverpool dell'84 è stata la frase forse più pronunciata, più scritta, più spammata. Tutti si affrettano a dire che c'erano, che hanno vissuto, ed indubbiamente è così, è vero, c'erano. C'erano i miei colleghi del giornale e della radio, c'era qualche amico più grande di me e c'era mio padre. Insomma c'erano tutti. Ma 34 anni fa c'erano pure quelli che non c'erano.

La generazione figlia di quella finale era presente, ha sofferto, ha pianto nel momento stesso in cui è venuta al mondo urlando Forza Roma. Una generazione figlia di un peccato originale, quella Coppa Campioni volata via senza un perché, contro ogni cornice storica e temporale, contro ogni logica possibile e immaginabile.

Quella generazione che non ha vissuto Agostino, ma l'ha avuto come modello, come simbolo e come guida assoluta, consegnato anche lui a un amaro destino incomprensibile a detta di tutti, per chi "non c'era". La generazione che non ha visto o vissuto Falcao, Cerezo, Ancelotti, Nela, Conti, Maldera e Pruzzo e che ugualmente porta in gola quell'urlo strozzato, quei 55 secondi in cui siamo nati Campioni d'Europa.

Oggi quei ragazzi che non c'erano sono i ragazzi che ci sono, ci sono sempre stati e ci saranno sempre, rincorrendo il sogno della rivincita sulla storia. Sono quelli che sanno a memoria chi era Falcao perché lo hanno chiesto e rivissuto nei racconti vostri, di chi c’era e sanno quanto fu decisivo per la storia della Roma.

Conoscono Dibba e tutti i protagonisti della fantastica cavalcata '82-'83, hanno gli incubi notturni pensando a Grobbelaar e non riescono a fermare le lacrime sul rigore sbagliato da Conti. Sono, siamo quelli che hanno ereditato tutto questo senza chiederlo, credendoci sempre.

Credendo che ogni anno potesse essere quello buono per prendersi quella rivincita che ai nostri padri e ai nostri amici più grandi è sempre sfuggita, pensando con convinzione che stavolta, la nostra voce, unita alla loro, possa generare un urlo ancora più assordante.

Sperando che la nostra voce possa in qualche riportare quella di chi c’era e non c’è più, o di chi c’era davvero e oggi non potrà o non potrà esserci, magari perché il suo posto sarà preso da qualche mainagiosta di moda. Ma la Roma è e sempre sarà una gioia, anche se non vincerà nulla. Perché non c’è sentimento più gioioso dell’amore. Della Roma. Dell’essere Romanista, sempre e per sempre.

E se dovesse andar male? C'è e ci sarà sempre un'altra partita, un'altra stagione, come direbbe qualcuno. Noi siamo quelli che dicono che ci sarà qualcuno che non è ancora nato e che sarà pronto, nel caso, tra qualche anno, a mischiare la propria voce alla nostra e, finalmente, vincere. Gridando sempre e comunque, Forza Roma!